giovedì 20 ottobre 2011

Acque meteoriche di dilavamento: disoleatore in continuo o trattamento di prima pioggia?

La scelta del trattamento più idoneo per le acque di dilavamento di superfici pavimentate scoperte è ancora spesso oggetto di opinioni discordanti.
Le differenze tra i due sistemi sono palesi e importanti soprattutto dal punto di vista gestionale: le vasche di prima pioggia sono bacini di accumulo per i primi 5 mm di acque meteoriche distribuite sul piazzale e presentano al loro interno una pompa per l'invio di tale acqua al trattamento, mentre i disoleatori in continuo non presentano apparecchiature elettromeccaniche e sono dimensionati per trattare tutte le acque di dilavamento durante l'intero evento meteorico, in continuo. Dato che entrambi i sistemi vengono installati e interrati e spesso dimenticati, non essere vincolati alla gestione di apparecchiature elettromeccaniche è indubbiamente un gran vantaggio (se la pompa di blocca, infatti tutte le acque vanno direttamente al bypass). Tuttavia la scelta non va effettuata solo sulla valutazione degli aspetti gestionali, ma analizzando la dimensione del piazzale, il posizionamento dell'impianto all'interno dello stesso, l'utilizzo che viene  effettuato del piazzale in particolare quali tipologie di merci vengono stoccate e se vengono effettuate lavorazioni anche durante l'evento meteorico. Va poi valuto il corpo recettore e quindi il grado di depurazione da raggiungere.

Semplificando il discorso si può affermare in generale che non conviene installare trattamenti di prima pioggia (vasche di accumulo + disoleatore a valle) ad angolo di piazzali di grandi dimensioni con il rischio di accumulare non più tutti i 5 mm del piazzale ma solo l'acqua della zona adiacente all'impianto. Discorso che va attentamente rivisto se sul piazzale possono essere presenti inquinanti non separabili solamente per gravità ma necessitanti di trattamenti di depurazione aggiuntivi con sistemi chimico-fisici o di filtrazione: depurare in questo modo una portata in arrivo in continuo pari ad un'intensità di pioggia di 200 lt al secondo per ettaro di superficie diventa piuttosto oneroso e complicato!

E' importante quindi valutare attentamente che la soluzione proposta sia adeguata alla tipologia di refluo da trattare: il rischio infatti è quello di investire su un sistema che non potrà garantire i risultati richiesti.
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mercoledì 13 luglio 2011

Il filtro a coalescenza dei miracoli

Tra i capitolati che ci vengono sottoposti ogni giorno due in particolare ci hanno fatto sorridere. Il primo si trattava di un disoleatore realizzato con un'unica vasca in calcestruzzo, di diametro cm 230 per un'altezza di cm 200 circa. Tale vasca portava al suo interno un unico accessorio: il filtro a coalescenza dei miracoli. Così abbiamo infatti soprannominato quel piccolo ma miracoloso affarino che da solo è in grado di trattare una portata in ingresso di….udite udite… 100 litri al secondo!!!!!!! Certo, da solo perché in una vasca così piccola non ci si può aspettare di riuscire ad avere anche una separazione a gravità, dato che lo spazio necessario…semplicemente non esiste. Ecco, solo per capire cosa sono 100 litri al secondo…6.000 litri al minuto, 6 m3 al minuto… Piccolo, miracoloso super filtro!
Per non parlare poi della versione in classe 2, ossia senza filtro con processo separativo solo a gravità, dove con una vasca cubica da cm 250 di lato si riescono a trattare 700 litri al secondo!!!! Ma che tubi si utilizzano per una portata di 700 litri al secondo!? Da 1000 mm di diametro in calcestruzzo?!..beh…manca poco che siano paragonabili alla grandezza della vasca!
E grande Italia dove tutti possono certificare e garantire i miracoli!
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sabato 26 marzo 2011

Qualcosa sui trattamenti naturali: la durata di un impianto

La fitodepurazione e la evapotraspirazione sono i trattamenti di depurazione più di moda degli ultimi tempi, ma è opportuno effettuare alcune considerazioni sulla manutenzione e sulla durata di questi sistemi.
Se una vasca di buon calcestruzzo viene garantita almeno 50 anni e in un impianto tradizionale vanno in sostituzione solo le apparecchiature elettromeccaniche, per l'impianto di fitodepurazione la situazione è un po' più complessa. E' pur vero che i materiali che costituiscono l'impianto hanno una durata molto elevata, tuttavia quello che determina la "fine" dell'impianto è l'impossibilità di effettuare una adeguata manutenzione (cosa che invece si effettua periodicamente in un impianto tradizionale). A livello radicale infatti, nel mezzo ghiaioso di riempimento, avvengono le reazioni biologiche di trasformazione della sostanza organica, ad opera di microrganismi deputati. Se quindi si parte dal principio che "nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma", il materiale organico che è presente nelle acque di rifiuto viene trasformato parte in gas e parte in altro materiale che va a depositarsi negli spazi tra la ghiaia, concorrendo col tempo ad ostruirli completamente.  La fine viene decretata quando l'impianto non riesce più a garantire il normale deflusso delle acque a causa dell'intasamento. A quel punto è necessario sostituire completamente tutto il mezzo ghiaioso e poi ripristinarlo. E' quindi importante in fase di progettazione garantire superfici e volumi abbondanti per ogni abitante equivalente servito in modo da allungare la vita del sistema.

giovedì 3 marzo 2011

Marcatura CE della vasca Imhoff

Ma la vasca Imhoff va marcata CE secondo la UNI EN 12566-1? Alcuni produttori, nell'ansia di adempiere agli obblighi normativi marcano Ce la vasca Imhoff secondo la normativa sopracitata. Tuttavia è opportuno fare alcune precisazioni. Innanzitutto la vasca Imhoff NON è una vasca settica e tale distinzione tra i due sistemi è ben esplicitata dallo stesso Imhoff nel suo manuale (la vasca in quastione prende il nome dal suo inventore) che in altri numerosi testi specialistici. In secondo luogo, leggendo attenatamente la prova da eseguirsi nella 12566-1 per dimostrare l'efficacia del manufatto, si evince che....è impossibile effettuarla nella vasca Imhoff proprio per la differente conformazione dalla vasca settica. Pertanto, chiesta anche conferma al comitato che redige le Norme UNI, possiamo definitivamente dichiarare che attualmente la vasca Imhoff non è soggetta a marcatura CE secondo la UNI EN 12566-1 o altra norma UNI.

venerdì 5 novembre 2010

Quanto costa all'ambiente la prova di efficacia...

Desideriamo sottoporvi una riflessione. La UNI EN 858-1 al punto 8.3.3.1.4 descrive come deve essere condotta la prova di efficacia per i disoleatori prefabbricati. La prova prevede che venga immessa una portata d'acqua contaminata con una quantità definita di olio all'impianto, portata pari a quella che questo è in grado di trattare per il tempo necessario a cambiare 4 volte il volume della vasca. Dopo tale tempo si eseguono 5 campionamenti all'uscita dell'impianto e si effettuano le relative analisi chimiche per valutarne il rendimento depurativo. Facciamo un esempio pratico per capire meglio i volumi di acqua e olio che vengono messi in gioco. Supponiamo di voler testare un impianto da 50 lt/sec che, tra l'altro, rappresenta una taglia piuttosto piccola, considerando che la norma esonera dalla prova solo gli impianti in grado di trattare una portata maggiore di 150 lt/sec e gettati in opera. La portata da immettere quindi nel nostro impianto è di 50 lt/sec per circa 21 minuti, dato quest'ultimo ricavato dal volume della nostra vasca e dal fattore moltiplicativo 4. Il volume di acqua che viene conivolto nella prova in questo lasso di tempo è quindi pari a 64.000 litri e cioè 64 mc. Questi 64 mc vengono contaminati e quindi inquinati con 320 litri di olio e nella migliore delle ipotesi che l'impianto abbia il rendimento per poter essere classificato in classe I, la concentrazione di olio allo scarico è comunque di 5 mg/lt pari a 0,4 litri di olio comunque che continuano a essere "inseparabili" dalla massa acquosa. Nel caso poi l'impianto rientri in classe II e che quindi si richieda un valore allo scarico di 100 mg/lt la quantità di olio residua inseparata sarà di circa 7 litri. Non pare quindi un po' paradossale che per testare il rendimento di un impianto si debbano inquinare volumi così elevati del prezioso liquido che tutti ci affanniamo a tutelare???
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venerdì 29 ottobre 2010

Separatori di grassi super manutentati!

La norma UNI EN 1825-1 regola la progettazione e la costruzione dei separatori di grassi da installarsi per gli scarichi di cucine, mense e attività produttive come i macelli. E' obbligatoria in Italia da qualche anno. La 1825-2 non è obbligatoria ma fornisce delle utili indicazioni sul dimensiomento e sulle volumetrie da considerare, fermo restando che l'efficienza del sistema e la sua dimensione nominale (in pratica la portata che è in grado di trattare l'impianto) va testata mediante la prova descritta nel dettaglio nella norma 1825-1.
Al punto 8 della 1825-2 si parla poi di manutenzione e....udite udite...le frequenze di pulizia consigliate sono MENSILI O PREFERIBILMENTE OGNI DUE SETTIMANE!!!!!
Quindi la nostra conclusione è:
benissimo utilizzare i criteri di dimensionamento esplicitati nella 1825-2, tra l'altro redatti davvero molto bene, ma attenzione a sovradimensionare, con una giusta dose di buon senso, un po' il sistema perchè in Italia è impensabile consigliare lo spurgo dei condensagrassi due volte al mese!
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mercoledì 27 ottobre 2010

Valvola di chiusura di sicurezza: davvero ci sono vantaggi?

Pregi e difetti di uno degli accessori più diffusi negli impianti di disoleazione in continuo
La norma che regola la progettazione e la realizzazione degli impianti di disoleazione, la UNI EN 858-1 obbligatoria in Italia ormai da alcuni anni, prevede al punto 6.5.3 e al punto 6.5.4 rispettivamente che vi sia la presenza delle valvola di chiusura di sicurezza e dell’apparecchiatura elettronica di rilevamento oli. Nelle varie proposte commerciali e nei capitolati, si è data notevole preferenza in questi ultimi anni alla valvola di chiusura rispetto all’apparecchiatura rilevamento oli, senza giustificato motivo.

Cos’è la valvola di chiusura di sicurezza?
La valvola di chiusura di sicurezza è un dispositivo meccanico che viene posizionato nella tubazione di ingresso o di uscita del disoleatore e solitamente il suo funzionamento è regolato da un galleggiante. Allo stratificarsi dell’olio sulla superficie il galleggiante che è tarato sulla densità dell’acqua si abbassa sotto lo strato d’olio e aziona un dispositivo che occlude la tubazione. La finalità di questa valvola è di evitare il convogliamento di oli al corpo recettore non senza tuttavia causare gravi disagi.

Capire le conseguenze di questa chiusura è fondamentale per scegliere se applicare o no la valvola nell’impianto. Durante i vari eventi piovosi si accumula olio nel disoleatore e durante uno di questi, alla fine di esso, il galleggiante aziona la chiusura ostruendo la tubazione.

Se la valvola è posizionata nel tubo d’ingresso, durante il successivo evento piovoso non permetterà il defluire degli scarichi innalzando i livelli idrici nelle tubazioni a monte dell’impianto, con il rischio che l’acqua fuoriesca dalle caditoie del parcheggio o della rete stradale, allagandola.
Se la valvola è posizionata nella tubazione d’uscita, i livelli nell'impianto si innalzeranno e olio e acqua potranno fuoriuscire dai chiusini oltre che rigurgitare nelle tubazioni a monte.

Pertanto la ns. opinione è che la valvola di chiusura di sicurezza possa causare più disagi che benefici e in sua vece preferiamo posizionare nell’impianto il dispositivo elettronico di rilevamento oli, apparecchiatura elettrica anche alimentata da pannelli fotovoltaici se necessario, che è in grado di rilevare mediante misurazione della conducibilità elettrica il livello d’olio stratificato in vasca ed inviare un segnale per programmare con calma la manutenzione all’impianto. L’apparecchiatura può essere tarata per il livello di accumulo desiderato in modo da garantire sempre la massima efficienza depurativa del sistema.
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